Sabato 11
giugno 2016 - ore 16
Conferenza – Quartiere Harar-Dessié: da “popolare” a “residenziale” (la situazione delle case popolari a Milano)
(Giornata per i 50anni della Biblioteca Harar: “1966-2016,
mezzo secolo dà da pensare”)
interviene: Elisa Cherubini
Biblioteca
rionale Harar
- Via Albenga 2/ang. Via San Giusto
ingresso
libero; info: tel. 0288465810 - ATM 16, 49, 64, 72, 78, 80, 423, M5 San Siro
Stadio
«E’ ancora attuale parlare
di “quartiere”, di quartiere “popolare”, molti anni dopo che questo tema è
stato al centro della ricerca dei maestri del Movimento Moderno producendo alcuni
fra gli esempi più belli e importanti di architettura del Novecento, sperimentato
in numerosi progetti negli anni prima e dopo la guerra, nel periodo della
massima espansione delle città e della costruzione delle grandi periferie
industriali?
Oggi, numerosi quartieri popolari sono
oggetto di preoccupata attenzione poiché concerntrano al loro interno una serie
di problematiche, sia di tipo edilizio che sociale, che paiono quasi
irrisolvibili».
(Il Quartiere Harar-Dessié a Milano, Elisa
Cherubini, 2010)
I tragici fatti di Bruxelles, che seguono quelli di
Parigi, hanno riportato drammaticamente l’attenzione sulla condizione delle
periferie e, in tale contesto, della particolare problematicità rappresentata dalla
persistente condizione “fuori controllo” dei quartieri di edilizia residenziale
pubblica. Situazioni “fuori controllo” legate alla consistente presenza
di categorie sociali “deboli”, dagli anziani alle persone con problemi psichici
(quasi la metà dei residenti), ma soprattutto da presenze con tendenza alla
“prevaricazione”. Con traffici illeciti di ogni genere ed i vari racket delle
occupazioni abusive ed i collettivi che la fanno da padroni, come denunciato
più volte dai comitati di abitanti. Quartieri dove vale la “regola del più
forte”, dove è evidente il “male” dell’abitare.
RIGENERAZIONE
SOCIO-ABITATIVA
Allora,
è di tutta evidenza che c’è un “insieme” di istituzioni e di norme che non funziona,
perché il tema delle case popolari rimane affrontato secondo vecchie logiche,
così a rimetterci sono i cittadini più deboli, in quartieri dove continuano ed
essere inserite solo persone con fragilità, fatta eccezione per qualche
sperimentazione che non fa certo primavera. Invece, è necessaria una vera
“rigenerazione socio-abitativa”. Ma, per sperare che ciò accada è necessario un
mutamento di atteggiamento, un cambiamento culturale “diffuso”, che non sia
limitato a dei singoli episodi, ma coinvolga la città nel suo complesso.
Peraltro, l’impressione è che i contributi “innovativi” siano visti come delle
“invasioni di campo”, che sconvolgono (?) consolidati modi di fare.
CASE POPOLARI
Milano ha
un patrimonio di oltre 70mila abitazioni di proprietà pubblica (41.700
Aler/Regione + 28.700 Metropolitana Milanese/Comune), di cui oltre 3.000
occupate abusivamente, mentre altre 6.500 sono sfitte. Poi, ha anche 12.800
box/posti auto e 2.900 negozi/laboratori, anche questi sfitti per il 30%.
Un
patrimonio di “sfitto” che, con opportune iniziative integrate, deve dare
risposta alle persone con fragilità, ma deve anche programmare un massiccio inserimento
di abitanti che vogliano farsi carico delle problematiche socio-abitative, a
partire dall’utilizzo di 500 monolocali inutilizzati perché troppo piccoli per
essere assegnati, ma che potrebbero essere destinati agli studenti
universitari, come anche più volte proposto dal Politecnico ed altri. Perché l’housing
sociale non è in primo luogo da costruire, ma da realizzare nei quartieri
popolari esistenti.
COOPERAZIONE ABITATIVA
Da
questo punto di vista, l’esperienza della Cooperazione abitativa – che a Milano
gestisce oltre 7.000 appartamenti – è un concreto punto di paragone, che può
contribuire anche alla definizione delle modalità gestionali di Aler e
Metropolitana Milanese. Infatti, i locali non sono lasciati vuoti, ma ci hanno
fatto il teatro, la biblioteca, l’ospitalità per chi fa il doposcuola o
distribuisce i pasti a chi non è autosufficiente o aiuta i disabili. Quindi, un
confronto aperto e costruttivo non ci parrebbe fuori luogo, se si vuole la
partecipazione o, meglio, la “progettazione partecipata”. Altrimenti sono solo
buone intenzioni … e, poi, illusioni.
GIAMBELLINO-LORENTEGGIO
Intanto,
Comune di Milano, Regione Lombardia e Aler hanno previsto un investimento di 85 milioni nel quartiere
Giambellino-Lorenteggio per
riqualificazione degli stabili, interventi di ecoefficientamento degli edifici
pubblici, illuminazione pubblica, avvio di imprese sociali, sostegno ai
soggetti in difficoltà economica e Laboratorio di quartiere.
Peraltro, nello
scorso 2015, proprio al Giambellino c’è stata una iniziativa innovativa con il
progetto di “rammendo delle periferie” realizzato da quattro architetti del Gruppo G124 promosso dal Senatore a
vita Renzo Piano (www.renzopianog124.com):
operando dal basso è possibile migliorare la qualità dei quartieri attraverso
interventi di “rammendo” e progetti di “innesto”, che non hanno bisogno di
grandi finanziamenti e di grandi progetti di pianificazione, favorendo il
lavoro degli artigiani locali. Anche qui: è proprio fuori luogo chiedere un confronto aperto e costruttivo, nel vero senso della parola, tra
chi investe e chi ha lavorato per un intero anno?
REGIA
Il
problema è che Milano è capace di costruire nuovi quartieri che hanno stupito,
ma anche di avere un enorme patrimonio edilizio pubblico disastrato. Manca una
“regia” complessiva, ma anche sul territorio: «Milano è come un operoso alveare, con tante celle che non
comunicano tra di loro. Una Milano che non fa sistema, (…) che per farlo deve
guardare oltre la cerchia delle mura spagnole» (Indagine IPSOS, Immagine Milano).
Così,
le “periferie”, sia quelle più degradate, sia quelle residenziali, sono sempre
a rischio, perché la prima a non essere organizzata per fare sistema tra le
decine di funzioni presenti sul territorio è proprio l’organizzazione
dell’Amministrazione comunale.
MUNICIPI
I Consigli di Zona, anche in tema
di “casa”, sono stati relegati al ruolo di spettatori, contrariamente a quanto
previsto dal regolamento del 1977 (e continuerà ad essere così anche con i
nuovi Municipi!). E gli abusivismi non
cessano ed i costi, sia economici, ma soprattutto sociali, aumentano. Quella
dei Municipi è una questione che i Candidati Sindaco dovrebbero tenere in
grande considerazione, altrimenti ci facciamo solo illusioni: periferie e case
popolari rimarranno come adesso, come ieri e l’altro ieri.