C’è un enorme problema
burocratico-organizzativo-normativo da risolvere.
“Nulla sarà come prima”. Ma cosa e, poi, in meglio o in peggio? E per le Periferie?
Un Decalogo “dalle Periferie, per Ripartire”. Tutti!
“Nulla sarà come prima”. Ma cosa e, poi, in meglio o in peggio? E per le Periferie?
Un Decalogo “dalle Periferie, per Ripartire”. Tutti!
di Walter Cherubini, portavoce Consulta Periferie Milano
«La burocrazia ci
ammazza» lamentò il Sindaco Sala
lo scorso 8 giugno 2019 (Colazione con il Sindaco - Cascina Linterno). Qualche
anno prima, 13 giugno 2013, anche il Sindaco
Pisapia focalizzò il tema: «Non abbiamo valutato che la priorità forse
era quella di vincere e sconfiggere la burocrazia» (Assemblea
Coordinamento Comitati Milanesi - Figino). E potremmo continuare.
Ora, “nulla sarà come prima” è ormai è diventato il mantra nella prospettiva
del dopo Coronavirus. Ma, cosa non sarà più come prima? E, poi, in meglio o in
peggio? Per chi e, poi, come?
Milano ce la può fare. Milano ce la farà?
Siamo convinti che Milano
abbia tutte le energie umane, culturali ed anche economiche – malgrado
l’attuale situazione – per risolvere i problemi cittadini. Ma, allora, perché
questa nostra Milano va a due e, magari, anche a tre velocità?
Perché «Milano è come un operoso alveare, con tante
celle che non comunicano tra di loro. Una Milano che non fa sistema. (…) Se Milano è la Cerchia dei Navigli, va da
sé che già le periferie sono luoghi sconosciuti, luoghi marginali e tenuti ai
margini», come rilevato
puntualmente da una ricerca dall’Istituto Ipsos in occasione del Forum Brand Milano 2015, promosso dal Comune
di Milano.
Milano eccelle nei “progetti”, ma difetta
nei “processi organizzativi”.
Ecco, il tempo presente ha
evidenziato che Milano ha capacità di sacrificio, solidarietà e creatività,
alimentando anche lo storytelling. Nello stesso tempo, sono anche aumentate le
occupazioni abusive delle case popolari, riproponendo problemi sempre uguali a
se stessi. Quindi, ancora una volta Milano ha manifesta la grande capacità di
realizzare specifici progetti, ma
rimane irrisolto il tema della complessità, che chiede cambiamenti strutturali che tengano insieme i vari aspetti della
realtà ed anche i vari soggetti (dal Prefetto al gruppo di amici che paga le
bollette di alcune famiglie bisognose) con la definizione dei relativi processi organizzativi, anche della
struttura del Comune di Milano, perché “l’attrezzatura culturale e tecnica di chi
amministra le città è rimasta la stessa, con le sue settorialità, con le sue
piante organiche, le sue strutture formate da competenze separate”, come
evidenziato da Alessandro Balducci,
già Prorettore Politecnico di Milano.
Dal Ponte di Genova a Ponte Lambro
Proprio in questo periodo,
abbiamo assistito alla realizzazione del Ponte
di Genova, originato da un’idea di Renzo
Piano, che è stato costruito in quattro e quattr’otto, dimostrando che è
possibile fare e che si è capaci di fare. Ma, allora, come mai il progetto per
le case popolari di Ponte Lambro, sempre
originato da un’idea di Renzo Piano, rimane incompiuto dopo vent’anni e malgrado
siano stati investiti 31 milioni di euro! Proviamo a rispondere magari partendo
dalla relazione programmatica “Muovere
Ponte Lambro”, che nell’arco di 93 pagine ne aveva definito i vari aspetti.
Perché se non entriamo nel merito di cosa frena o blocca tutto, siamo
condannati a ripetere gli errori. E non solo a Ponte Lambro.
“La realtà si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie”.
Le Periferie: è su questa
grande parte della città, abitata dalla maggioranza dei milanesi, che poniamo
l’attenzione. Periferie destinatarie di importanti affermazioni di principio,
che rimangono eluse da regolamenti che le contraddicono. Periferie che non sono
delle start-up, ma realtà complesse ed anche più complicate, con i quartieri popolari che non possono
continuare ad essere “riempiti” da persone con fragilità, pensando che i
problemi possano essere risolti con qualche generoso intervento del terzo
settore. Periferie troppo frettolosamente derubricate a “quartieri”, ma
quartieri sono anche Brera o il Verziere e non sono la stessa cosa. Periferie
che neppure sono sinonimo di degrado, bensì di lontananza, come dimostrato dal
Cavallo di Leonardo a San Siro, imponente, ma dimenticato per venti anni.
“dalle Periferie, per Ripartire”
Ma, cosa vuol dire “nulla
sarà come prima”? Perché c’è il solito enorme problema burocratico-organizzativo-normativo che
deve essere risolto per favorire l’azione di chi opera nelle periferie.
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Decalogo “dalle Periferie,
per Ripartire”
Ecco i punti:
1. Decentramento e Municipi - Le periferie milanesi sono costituite dai territori
degli antichi Comuni aggregati a Milano nel 1923. Il primo che non fa sistema
sul territorio è il Comune: bisogna
ritornare ad una vera amministrazione vicina al cittadino, mentre è da 50 anni
che il Decentramento (Municipi dal 2016) rimane a livelli inadeguati. E senza
decentramento Milano non può essere policentrica e, quindi, rimane centralista.
2. Partecipazione e “progettazione
partecipata” - La partecipazione
non può essere relegata alle emergenze del momento. Deve diventare un processo
organizzativo strutturato e continuativo nella logica della “progettazione
partecipata”. Milano ha immense energie e professionalità (tra l’altro, quelle
riconosciute ogni anno con gli Ambrogini), da valorizzare in
maniera organizzata e non saltuaria.
3. Comunicazione
delle tante iniziative gratuite promosse in periferia da enti ed associazioni - Oggi è tutto lasciato ad un precario “fai da te”.
Invece, Comune di Milano e ATM possono dare un apporto (a “costo 0”), consentendo l’utilizzo di spazi nella propria
disponibilità (uno spazio m. 2 x 3 sui muri dei Mezzanini MM e di m. 2x2 nei
Mercati comunali coperti per l’affissione diretta, gratuita e regolamentata
delle locandine).
4. “Rinnovo” concessioni e locazioni di locali di proprietà
pubblica - Per le associazioni
culturali e sociali “periferiche” che hanno locazioni con il Comune di Milano
ed altri enti pubblici, prevedere che alla scadenza possa esservi il rinnovo e
non lo sfratto (com’è adesso), eliminando la precarietà di chi si impegna. E
che per l’assegnazione non si prevedano canoni al rialzo, perché l’iniziativa
nei quartieri periferici non può essere lasciata sulle spalle dell’associazionismo, mentre sfitto ed
abusivismo sono altissimi, anche creando pericoli.
5. Cosap
(Tassa occupazione suolo pubblico) - Eliminazione della Cosap e revisione oneri aggiuntivi per l’utilizzo di
aree pubbliche periferiche per la promozione delle iniziative di animazione
culturale e sociale, ma anche delle attività di servizio di vicinato,
avviandone l’individuazione e la mappatura.
6. Valorizzazione delle realtà culturali amatoriali e bandi -
Le iniziative amatoriali
rappresentano la metà delle attività che si svolgono in periferia. Bisogna
prevedere anche bandi comunali e di fondazioni rivolti al volontariato “puro”,
che consentano di coprire i costi vivi, valorizzando così le decine di migliaia di ore di tempo e capacità messe a
disposizione gratuitamente ed oggi non considerate.
7. SIAE - Giungere ad un accordo per la semplificazione ed azzeramento costi pratiche SIAE per
iniziative musicali e teatrali di pubblico dominio promosse in periferia ad
ingresso gratuito. In caso di
opere tutelate, pur riconoscendo il principio del diritto d’autore, previsione
di un versamento ridotto.
8. Palestre nuove scuole - Per le palestre delle nuove scuole, prevedere che i campi (in
particolare pallavolo e pallacanestro) abbiano dimensioni un po’ più grandi di
quelle indicate nell’attuale normativa, per consentire anche lo svolgimento dell’attività agonistica di 10.000 giovani
atleti di 90 associazioni sportive milanesi.
9. Case popolari - Le
case popolari sono un concentrato di emergenze e di fragilità. In un ampio
contesto di cambiamento, bisogna integrare il mix socio-abitativo e di servizio
di vicinato, con l’obiettivo di utilizzare tutto il patrimonio disponibile. Altrimenti cambierà poco,
come già dimostrato dalla spesa di centinaia di milioni.
10. City School - La
Fondazione Dioguardi ha promosso con il
Politecnico di Milano un progetto di ricerca sui temi
dell’organizzazione urbana, destinato all’istituzione di una City School con
programmi didattici universitari, ma anche con percorsi formativi per gli
studenti delle scuole superiori, per
formare una nuova cultura del governo della città del terzo millennio. Le istituzioni devono supportare questa iniziativa.
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